C’è chi dice che per giocare a basket occorre per forza essere alti. Terrell Mc Intyre, Bo Mc Calebb e tanti altri “undersize” dimostrano che si può essere fenomeni anche partendo dal basso. Certo è che l’altezza aiuta un po’, non solo in fase avanzata, ma anche alle origini, quando ad esempio vivi in un posto dove il basket neppure sanno con che palla si gioca, ma hanno sentito dire che per praticarlo occorre, in linea di massima, essere degli spilungoni…
Questo è più o meno il caso di Tomas Ress, originario di Salorno, in provincia di Bolzano, in pieno Alto Adige, dove il basket non è esattamente lo sport più praticato. Ma quando all’età di 13 anni si è già oltre i 190 centimetri, è più facile che una mezza idea di provarci con la palla nel cestino possa balenare nella testa di qualcuno. Se poi quel qualcuno è una persona lungimirante come papà Ress, allora tutti i pezzi del puzzle vanno al loro posto.
“E’ stato mio padre a portarmi ai primi provini – ammette Tomas – spesso senza neppure dirlo alla mamma. Ne ho fatti diversi, poi alla fine ho scelto la Virtus Bologna. Non è facile andarsene di casa a 14 anni, senza sapere se quello potrà un giorno diventare il tuo lavoro, ma mio padre mi ha sempre spronato, mi ha spinto a provarci, ed alla fine è andata bene.”
C’ha visto lungo il papà di Tomas, che prima di “consegnare” suo figlio al basket lo ha comunque introdotto nel mondo del lavoro, in quell’albergo a gestione familiare dove Tomas ha percepito il suo primo “stipendio”.
“E’ vero – conferma -. Io ed i miei fratelli abbiamo iniziato lì. Facevamo un po’ di tutto, lavavamo i piatti ed aiutavamo i genitori a portare avanti l’attività. E’ stata una bella scuola di vita. Forse anche per questo tutti quanti abbiamo una grande etica di lavoro. Il primo “stipendio” l’ho preso all’età di otto anni, erano 400.000 lire. Per la cronaca poi quei soldi mio padre se li è ripresi qualche anno dopo…”
Magari quando Tomas aveva già iniziato a giocare da professionista, dopo diversi anni trascorsi tra Bologna e America, due esperienze che hanno contribuito a formare il giocatore Ress, ma anche l’uomo.
“A Bologna sono stato quattro anni. Il primo canestro che ho segnato me lo ricordo molto bene. Giocavamo con la Virtus in un Torneo a Piacenza. Eravamo in contropiede ed il play che era davanti a me mi servì la palla ed io segnai. Era la mia prima partita. L’esperienza in America è stata bellissima, Lo dico sempre: chi ha la possibilità di viverla lo faccia. A me ha aperto un Mondo che non conoscevo. Devi fare sacrifici importanti, ma se hai la testa sulle spalle ti aiuta tantissimo.”
Dopo gli States è cominciata la carriera da professionista di Tomas Ress: di nuovo Virtus Bologna, poi Scavolini Pesaro, Fortitudo Bologna e Reggio Emilia, prima dell’approdo nel 2007 alla Montepaschi Siena, il punto più alto della sua carriera.
In campo Tomas ha saputo farsi valere in tanti modi. Ma la cosa più incredibile è la sua capacità di essere sempre pronto quando Pianigiani lo chiama in campo. Facile a dirsi, molto meno a farsi.
“Mi sono abituato a questo ruolo, non è facile, ma provo a dare sempre il mio contributo. E poi è importante essere positivo anche quando sei in panchina: incitare i compagni o dare suggerimenti. Aiuta chi è in campo e ti dà la possibilità di stare sempre “dentro” la partita, a stare concentrato.”
Ormai Siena è diventata la sua seconda casa, dove vive da quattro anni e mezzo, insieme alla famiglia: sua moglie Katia ed i figli Alice e Cristian (quest’ultimo nato nell’estate del 2010, proprio quando Pianigiani si trovò costretto a chiamarlo in nazionale per le qualificazioni ad Eurobasket 2011). Trentadue anni il prossimo 22 di agosto Tomas ha di fronte ancora diverse stagioni di basket giocato, anche se per il “dopo” sembra già avere le idee abbastanza chiare.
“Credo proprio che tornerò a casa. Nella mia casa, quella che mi sono costruito in Alto Adige e dove già trascorriamo i mesi estivi. Per il resto qualche idea ce l’ho. Intanto sono già un piccolo imprenditore. Ho acquistato alcuni appartamenti che al momento gestisce mio padre. Avere una persona come lui che si dedica a questo per me è molto importante.”
Idee chiare dunque, in campo e fuori. Del resto i sostenitori della Montepaschi hanno avuto più volte la dimostrazione di come Tomas sappia esattamente qual è la cosa più giusta da fare. Soprattutto in quota, dove non osano le aquile, e forse neppure gli elicotteri. L’altezza conta certo, poi però ci vuole anche dell’altro. E Tomas ha dimostrato di avercelo, da diversi punti di vista.