Se fosse una minestra, più che riscaldata, sarebbe addirittura ri-riscaldata. Ma siccome non è una minestra, ma un giocatore di basket, diciamo solo che si tratta della terza versione senese di uno dei giocatori più amati dal pubblico di viale Sclavo. E poi a Siena le minestre riscaldate piacciono, perché a differenza di altri posti, dove spesso restano indigeste, alla Mens Sana acquistano sapori nuovi, pur conservando quell’aroma (tante volte eccezionale), che le ha sempre contraddistinte. Per questo la Montepaschi ha spalancato le porte a tanti ritorni: quello di Rimas Kaukenas, dopo che si era allontanato da casa per provare l’esperienza spagnola; oppure quello di David Andersen. Prima di loro era toccato anche ai vari John Turner, Sly Gray, Vrbica Stefanov ed appunto Bootsy Thornton, uno che a Siena ha conquistato il primo tricolore nel 2004, il secondo nel 2008 ed ora vuole provare ad onorare fino in fondo il detto del “non c’è due senza tre”. Speriamo che valga anche in questo caso e non solo per lo scudetto, perché Bootsy, sarebbe già anche a due Final Four con la maglia di Siena e dopo i viaggi a Tel Aviv e Madrid, non ci starebbe poi così male la “gita” a Istanbul nel prossimo mese di Maggio. Già Istanbul, una città che lui conosce bene. Ha vissuto lì gli ultimi tre anni. Da settembre 2008 a giugno 2011. Non è stata un’esperienza tutta rose e fiori. Caso mai, dollari e lire turche, che Bootsy ha riscosso in quantità significative, prima di scegliere nuovamente Siena, la “sua” Siena. Una città che non può rimanerti indifferente, specialmente se la vivi nella sua totalità, nelle vittorie e nelle sconfitte. Nelle delusioni, ma soprattutto nei successi, quelli che Bootsy ha contribuito a regalare ai tifosi biancoverdi.
“Sono sempre stato alla grande a Siena – ammette il nativo di Baltimora nello stato del Maryland – una città piccola, tranquilla, senza distrazioni. E poi la gente va matta per il basket e sostiene tantissimo la squadra. Per questo è sempre stato un posto fantastico per me dove giocare, anche da avversario, visto che ogni volta mi hanno sempre accolto come uno di loro.”
Eh si, per Bootsy sono sempre stati applausi. Una grande accoglienza, e poco importa se alcune volte al coro “Salta insieme a noi Bootsy Thornton” il buon Bootsy non ha potuto saltare ma si è limitato soltanto ad un gesto con la mano. Magari proprio la sinistra, quella che lui usa con maggiore continuità per palleggiare, passare, ma soprattutto per martellare la retina, un po’ da tutte le posizioni.
“Il mio ruolo in questa squadra è un po’ diverso rispetto a quello che ho ricoperto nelle precedenti stagioni – ammette-. Ma mi trovo benissimo e sto cercando di capire ciò che lo staff vuole da me. Spero di poter dare il mio contributo, anche perché questo sistema lo conosco bene. Ok, sono cambiati alcuni interpreti, ma il modo di giocare non mi è nuovo e questo certamente è un bel vantaggio.”
Ed in effetti Bootsy sembra essersi già ambientato e nella gara contro Casale Monferrato è stato subito decisivo. Ma in fondo Bootsy non stupisce più nessuno, figuriamoci i suoi vecchi compagni, che lo hanno subito riaccolto a braccia aperte. C’è chi lo conosceva da tempo, vedi Andersen, suo compagno nella Mps di Recalcati; chi lo conosceva dal 2007, vedi i vari Ress, Carraretto, Lavrinovic; oppure chi non lo vedeva soltanto da qualche mese, come Rakocevic, suo compagno nell’ultima esperienza all’Efes Pilsen. C’è anche chi non lo conosceva per niente, così come chi invece lo conosceva anche troppo, come Shaun Stonerook, per cui Bootsy è qualcosa di più di un “semplice” compagno di squadra. E’ il suo compagno di poker, quello con cui adesso può tornare a giocare sempre e dovunque. Dopo la partenza di Terrell Mc Intyre mancava un “giocatore” del genere, anche se ancora il “tavolo” non è completo.
“Ci manca il terzo – sorride Bootsy -. Quando c’era T-Mac era lui, ma adesso dobbiamo trovare qualcun altro che giochi con noi. Stiamo cercando di insegnare ai nostri compagni, vediamo se riusciamo a trovarlo.”
Quello che è certo è che chi dovesse sedersi a quel tavolo, deve mettere in conto di non avere vita facile. Perché Shaun è Shaun e Bootsy è Bootsy. Se non ci sai fare…lascia perdere…
Chissà se riusciranno a trovarlo, intanto la Montepaschi però ha ritrovato un vecchio amico, uno di cui ci si può sempre fidare. Uno che non ha più segreti, ma che è sempre in grado di stupirti con le sue qualità, con il suo “sapore”. Altro che minestra riscaldata, Bootsy, per restare in tema culinario, somiglia molto di più ad una ribollita. Un piatto tipico senese, così come senese (o quasi) è ormai da considerare Bootsy Thornton. Oppure ad una bottiglia di Chianti, che più invecchia e più diventa buono. Ed allora mettiamoci comodi, la degustazione è appena cominciata.