di Claudio Pea da sienanews.it
Non so se quando David Hawkins tornerà tra una decina di giorni a giocare a Siena il primo vero test-match della nuovo campionato lo seppelliranno di fischi e d’insulti come gli succede ogni qual volta mette piede sul parquet di Roma. Francamente penso (e spero) di no. Anche perché non ne vedrei una sola buona ragione. Con la città del Palio si è lasciato bene e col Montepaschi ha vinto finalmente a giugno quello scudetto che invece a Roma e a Milano aveva perso nelle due precedenti finali. Né il Falco di Washington può avere il dente avvelenato con Siena perché Ferdinando Minucci non l’ha fatto prigioniero: all’Armani, più che in verità nel Montepaschi, è diventato un pass par tout micidiale per aprire le difese avversarie, specie se non sono chiuse a doppia mandata come quelle della Lottomatica dell’Ecumenico. Piuttosto Dawkins ce l’ha con Roma e col suo presidente, Ciglione Toti, che non l’hai mai tenuto in palmo di mano. E non l’ha nascosto né prima, né durante la sfida di domenica al Forum. Al contrario ha prima confessato a Sky che nella capitale non c’era, e quindi non c’è, “una perfetta organizzazione ai vertici” e poi, una volta sceso in campo, ha preso d’assalto la Lottomatica con un tale furore che sembrava sul serio avesse con Roma un conto in sospeso. E comunque, t’amo o non t’amo, credo che Treccina abbia solo da ringraziare Siena e in particolare Pianigiani che in un anno gli ha fatto fare un bel salto di qualità e conseguentemente di categoria.
Non me ne vogliano Messina e Scariolo, di cui ho una stima infinita, ma credo che Mastro Simone sia, oggi come oggi, il miglior allenatore italiano al punto che i boyscout della Nba, se non si fossero addormentati cercando con il lanternino del talento in Niccolò Melli che, se c’è, è ancora molto in fieri, sono sicuro che avrebbero già consigliato per esempio ai Knicks di mandare a quel paese il vostro D’Antoni e di prendersi ad occhi chiusi Pianigiani. L’ho sparata grossa? Forse, ma non credo perché, al contrario di voi che avete già rovinato Superbone Vitali e stavate facendo lo stesso con Gel Aradori, vi dimostro coi fatti come nelle mani del mio giovane Mozart senza riccioloni siano cresciuti e diventati bravi e vincenti mezze calzette come Carraretto e Ress e mezzi campioni come McIntyre, Sato e adesso Dawkins. Né me ne voglia Recalcati, che pure ha portato all’argento olimpico una nazionale che non era certo inferiore solo a quella Argentina di Manuel Ginobili, ma sono sotto gli occhi di tutti i progressi che hanno fatto in un’estate in azzurro Belinelli e Bargnani che con il buon Carletto proprio non si capivano e probabilmente in nazionale non ci avrebbero più giocato.
Un Peana per qualcuno non è nel mio dna, ma credo che a Simone Pianigiani non lo potessi più negare. Così come non posso fare a meno di nascondere che l’intervista di Paola Ellisse all’immenso Boscia Tanjevic è stata da accapponare la pelle e per questo l’ho ringraziata con il cuore in mano e l’emozione di essermi sentito tanto piccolo davanti a un uomo così grande che parla del suo tumore e confessa serenamente: “Embè, è chiaro che ho un po’ di paura e che sarà il destino a decidere per me, ma sono altrettanto fiducioso perché non conosco cosa voglia dire arrendersi. Per la prima volta ho sentito nella mia vita la stanchezza di non voler più allenare un club e così mi sono chiesto cosa fosse mai successo: probabilmente c’era, l’ho capito solo dopo, “quello” che lavorava sotto. Sono state la guerra in Jugoslavia a mangiarmi lo stomaco e lo stress di vent’anni di sofferenza per la distruzione del mio Paese che andava contro la mia idea del mondo e che si è poi espressa in me come un cancro. E’ il corpo che si rifiuta e si disamora di questo inganno e di questo tradimento: una volta eravamo tutti fratelli, all’improvviso è scoppiato tra di noi l’odio… Una notte un tremendo pensiero mi è passato per la testa e cioè che tutta questa bellezza del mondo potesse per me anche finire. E così da allora sono diventato un personaggino modesto che lotta e vuole rivivere altri notti bellissime sotto il cielo di stelle di Sarajevo. Senza rimpianti perché il passato è una selva di pietra dove nessuno può entrare e può cambiare niente. Così come è però certo che sono rimasto un sognatore che egoisticamente vuole continuare ad essere sempre amato…”.
La splendida e toccante intervista di Paola Ellisse a Tanjevic non è durata più di duecento secondi ed è stata mandata in onda nell’intervallo di Milano-Roma soffocata dalle scelte non tutte condivisibili tra un tempo all’altro di Matteo Boniciolli che nel primo quarto ha dato fiducia a Datome e a Heytvelt (ed è stato da entrambi assai ben ripagato), mentre nell’ultimo l’ha mal riposta in Giachetti e Vitali che non gli hanno invece regalato neanche un misero punto, ma solo una montagna di palle perse. Per questo penso che persino il Boscia si sarà incazzato – spero non troppo – col suo figliol prodigo, e pure di brutto, ma non ve lo verrà mai a raccontare come è giusto che nella sua posizione d’oggi debba fare. Però non si può nemmeno far finta che il bicchiere sia sempre mezzo pieno mentre la moglie è ubriaca e l’Armani ha intanto il triplo dei punti in classifica della Lottomatica. Né posso condividere la decisione di Teramo che ha girato le spalle ad Andrea Capobianco che, a ben guardare l’infido calendario d’inizio campionato, cosa poteva fare nelle prime sei giornate in casa con Milano, Sassari e Pesaro e in trasferta a Biella, Cantù e Treviso? Avrebbe dovuto battere Sassari, è vero, ma per una sola sconfitta inattesa lo si caccia cancellando tutto il buono da lui fatto in passato a Teramo? Via, non scherziamo e come diceva Totò: ma mi faccia un piacere…