di Claudio Pea da sienanews.it
Ho aspettato tutto l'After Day del basket prima di mettermi solo oggi a scrivere. Mi avevano detto infatti che nel tardo pomeriggio di ieri la Lottomatica avrebbe licenziato Matteo Boniciolli e assunto Valerio Bianchini, che oltretutto ha sette anni e mezzo meno di Dan Peterson, ma Claudio Ciglione Toti non ha trovato il tempo di telefonare al Vate di Torre Pallavicina dopo aver incassato un no secco, cioè dray, e sgarbato proprio dall'inacidito Nano Ghiacciato ("Io alleno solo Milano: okay?) ed essersi giocato anche la carta Boscia Tanjevic ("Io non posso tradire mio figlio Matteo"). Ho provato invano anche a chiamarlo all'ora di cena, ma la segretaria mi ha detto che non poteva disturbare il presidente che si era rinchiuso dalle sedici nella mansarda del suo hotel e, invece di buttarsi giù dal terrazzo che domina tutta la capitale con una pietra (preziosa) al collo come gli consiglia di fare da qualche tempo l'amico e consigliere Walter Veltroni, stava esaminando insieme ai legali la possibilità di presentare ricorso all?alta corte della Fiba perché non gli era andata ancora giù d'aver perso in quel modo con Treviso la finale per il settimo e ottavo posto del concentramento romano dell'under 19 d'Eurolega. Povero Toti, dal giorno in cui Boniciolli gli aveva garantito che avrebbe vinto lo scudetto a mani basse con il Big Three de noialtri, Datome-Crosariol-Vitali, non ha più avuto pace e vede nemici dappertutto. Non solo infatti ce l'ha con gli arbitri che secondo lui favoriscono sfacciatamente la Benetton anche nelle partite del settore giovanile, ma soprattutto con il general manager Piergiorgio Bottai che pure le ha tentate tutte per convincere Boniciolli a dare spontaneamente le dimissioni, ma non c?è stato verso.
Certo è che Ciglione ha proprio delle belle pretese. In fondo la Lottomatica ha pur sempre conquistato le Top 16 dell'Eurolega suonando gli svizzeri, pardon i belgi dello Charleroi, e i wuersteloni del Bamberg, sì del titolatissimo Bamberg, e prima di cadere a Caserta, dove è pure inciampata Cantù, aveva vinto tre partite di fila con squadre della portata di Teramo, Biella e Sassari. O no? E poi sul conto di Boniciolli si potranno anche dire tutte le cattiverie di questo mondo, come quella del doppio lavoro Roma-Trieste o della sua allergia allo stacanovismo perverso di Simone Pianigiani, oltre al fatto d'essere un raccomandato di ferro del Partito democratico, che non mi pare poi una cosa da nascondere e men che meno da censurare, ma di sicuro nessuno potrà mai obiettare che il nostro Ecumenico non abbia un cuore più grande di una casa. Difatti rivivendo stanotte come un incubo i quaranta minuti, per fortuna senza supplementari, altrimenti mi sarei già sparato, della partita di mezzogiorno del Basket Day, non venitemi a raccontare che Don Matteo non ci abbia messo il massimo del suo impegno per evitare che il presidente Rosario Caputo prendesse finalmente il coraggio a due mani e licenziasse su due piedi, in caso di una nuova sconfitta con Roma, Stefano Sacripanti come sogna ormai di fare dalla prima giornata di questo campionato. "Il fratello va salvato costi quel che costi", era stato l'ordine perentorio partito dall'alto e Boniciolli, fedelissimo seguace di Cicciobello Tranquillo, contravvenendo persino al dictat da Trieste di Boscia Tanjevic, ha obbedito come del resto aveva fatto tempo fa un altro adepto alla Banda Osiris, il grande Andrea Trinchieri che pure lui ha lasciato deliberatamente le penne sulla piana del Volturno. Tra gli ulivi e i noci dove nascono anche i bonsai.
Ce ne vuole infatti per fare giocare ancora Superbone Vitali che si palleggia la palla tra i piedi, rallenta il gioco, perde palla e, quando tira, è grasso che cola se prende il ferro dei canestri. E qui non scherzo più, anche perché la mia satira da tre soldi sconfina spesso nell'umorismo sciocco e frana in un mare di "cazzate" che Acciughino Pittis proprio non riesce a capire e ancor meno a digerire. E c'ha ragione da vendere, ma è più forte di me: preferisco ridere per non piangere. Pensando per esempio ai 62.092 telespettatori, non uno di più, che hanno seguito su Sky la partita delle partite dell'anno, Siena contro Milano, del 5 dicembre scorso. Numeri ridicoli, audience da TeleLecco, poche balle. E viva la Rai, o no? E allora torno sui miei passi e chiudo rotolandomi sul tappeto, tenendomi la pancia, come fece mio cugino più piccolo quando mia madre gli disse che mi sposavo. E avevo appena vent'anni, Peterson allenava in Cile e solo tre stagioni dopo sarebbe sbarcato a Bologna, suonava la chitarra ed era un capellone. Come ho fatto ieri pomeriggio quando mi hanno detto che Dan sarebbe tornato ad allenare Milano e ho guardato subito il calendario: non era il primo di aprile. Sorpreso, ma anche felice. Di nuovo bambino con lo zucchero filato pasticciato sulla faccia. Già pregustando i titoli in prima pagina, le belle penne della nostra pallacanestro che rientrano all'ovile, pecorelle smarrite, le conferenze stampa affollate e lui, meraviglioso nonno, che spara "cazzate" come mi ha detto Acciughino e dicevano quelli della Banda Osiris che lo fecero fuori da Sky perché lo giudicavano ormai lesso e rincoglionito. Ringraziando Livio Proli del suo colpo di genio, ma anche da matto, e sognando che il Ciglione faccia lo stesso: via Don Matteo e di nuovo il Vate. Peterson contro Bianchini: sarebbe una favola. Con lo stesso lieto fine: sempre lo scudetto a Siena.