di Claudio Pea da sienanews.it
Quasi quasi anche ci prendevo. E voi mi siete buoni testimoni. Mi ero infatti domandato non più tardi di una settimana fa se non fosse il caso, dopo il ritorno di Peterson sulla panchina di Milano, che anche Ciglione Toti prendesse il coraggio a due mani e offrisse la panchina di Roma a Valerio Bianchini. Il Din Don Dan di Chattanooga-Tennessee contro il Vate di Torre Pallavicina di nuovo uno contro l’altro a distanza di una trentina d’anni, o poco meno, dalle epiche sfide di quei tempi d’oro del basket. Quando si stava tanto bene senza la Banda Osiris tra i piedi e il pick and roll tra le scatole. Chissà quante storie si sarebbe inventato Bianchini e quali motivazioni avrebbe trovato per convincere una squadra allo sbando come la Lottomatica d’essere invece la più forte del reame. Sarebbe stato troppo bello e non escludo che Toti ci abbia anche pensato, ma c’era Tanjevic di mezzo e sarebbe stato esagerato ad onor del vero chiedere al presidente più accigliato del BelPaese di prendere due decisioni ardite in un colpo solo. Già non deve essere stato facile persuadere Boscia che Don Matteo aveva ormai fatto il suo tempo nella capitale: figuriamoci se gli avesse anche proposto di contattare il Vate. Apriti cielo: probabilmente avrebbe perso anche Tanjevic e questo sarebbe stato un errore imperdonabile. Perché non mi faccio pure io travolgere dall’onda emotiva che ha scatenato l’avvento di Peterson all’Armani e difatti qui lo dico e qui lo nego, ma Boscia è per me ancora il numero uno, mentre Dan e Valerio lo sono stati e difficilmente potranno esserlo ancora.
Diciamocela allora tutta senza bluffare. Al di là del colpo di genio di Livio Proli che è piaciuto al mondo intero e in particolare ai mass media, Milano e Roma, guardandosi intorno e una volta deciso che non si poteva più andare avanti con Bucchi e Boniciolli per mille e una buone ragioni, non avrebbero dovuto che fare la stessa cosa e cioè ad occhi chiusi puntare su Sergio Scariolo. Ma l’Armani o, meglio, Proli è già in parola con Ettore Messina come vi ho già anticipato a ferragosto e poi tutti mi sono venuti dietro, mentre la Lottomatica non è più un club così ricco da potersi permettere il lusso di legare a sé con un ingaggio stellare l’allenatore della nazionale spagnola. Seconda considerazione: ha detto bene Paola Ellisse quando ha spiegato l’incoscienza di Milano nell’assumere Peterson con una frase che mi va di condividere al centouno per cento: “Tanto, male che le vada, l’Armani di Dan arriverà comunque seconda come nei due anni passati con Piero Bucchi”. Verissimo. A meno che Proli non faccia quello che mi ero permesso di consigliargli di fare un nano secondo dopo l’ennesima finale scudetto persa 0-4 con Siena: le rubi McIntyre e Eze e poi ce la raccontiamo. Ora è assai difficile, per non dire improbabile, che McIntyre lasci Malaga prima della prossima estate, mentre il centro nigeriano non vede l’ora di poter tornare a giocare in Italia dove Dan Peterson, che mi diede a suo tempo ragione, è già pronto ad andarlo a prendere all’aeroporto della Malpensa e portarlo subito ad allenare al Palalido.
Ebbene sì, avevo bisogno d’appagare il mio ego con una bella iniezione d’autostima dopo che, per aver dato retta al Pupone, sono passato a Vodafone e per due giorni sono stato senza cellulare col rischio di perdere anche tutti i numeri telefonici in scheda e di spararmi ad una tempia. Però, cari i miei aficionados, dite la verità: ci ho sul serio quasi preso. Prima con Bianchini a Roma, poi con Messina prossimamente sugli schermi milanesi e di qui a poco con Eze con la maglia dell’Armani. E così, già che ci sono, ne butto lì un’altra di chicca. Rischia grosso anche Carlo Recalcati che, magari esagerando un po’, è ai ferri corti con il sistema arbitrale, ma soprattutto non è più in grande sintonia con Checco Vescovi che gli rimprovera d’aver esagerato con i pianti greci. Più di un passerotto mi ha infatti sussurrato all’orecchio che il presidente di Varese potrebbe anche segare l’ex cittì se dovesse perdere anche il derby di domenica con Cantù e cioè la settima partita di fila. Suvvia, non esageriamo: il buon Carletto è forse anche più permaloso di me, il che è tutto dire, ma un allenatore migliore di lui dove può, se può, Vescovi trovarlo? Neanche nel cilindro di un prestigiatore e allora dai: torniamo sulla terra e andiamo piuttosto a rileggerci il corsivo di Massimo Oriani sulla Gazzetta di lunedì che, se l’avessi proposto io, mi avrebbero subito seppellito d’insulti dicendo: eccolo il solito disfattista e menagramo.
Max Oriani ha scritto tra le righe che il nostro basket “offre un prodotto francamente scadente” in quanto non ha qualità, “mancano i giovani che ti facciano saltare sulla sedia e gli americani che valgano il prezzo del biglietto”. E ancora: “Con tutto rispetto finchè le partite le decidono ancora Marconato e Mian…”. O no? Tant’è che spero che non vi sia nemmeno sfuggito quel che ha detto a proposito Repesa: “Non voglio togliere nulla a Mian, ma Alessandro Gentile non può prendere cinque metri sull’uscita da uno che giocava con suo padre ed è vecchio e grasso il doppio di lui”. Parole sante e difatti cancello Max dalla lista nera della Banda Osiris e gli chiedo perdono se ho dubitato un tempo di lui. Amici come prima? Massì, almeno su Facebook. Se invece volete proprio toccar ferro, buttate un occhio piuttosto sulle ultime copertine di Superbasket. Ai primi di dicembre c’erano McCalebb e Finley, non so se mi spiego, poi Soragna che da allora non segna più e Cantù che ha subito perso a Caserta, infine Tanjevic e Peterson. Beh, se fossi Dan, comincerei a preoccuparmi e, se non l’ha già fatto, eviterei i gatti neri e di passare sotto a una scala. Così tanto per non saper né leggere né scrivere.