«il mio sogno nel cassetto è un’altra stagione così»


26 aprile  Rassegna Stampa

La Nazione

«UNA STAGIONE di pallacanestro? E’ come stare dentro un romanzo. Ci sono tante storie». Marco Crespi è seduto alla sua scrivania e guarda un filmato che gli ha inviato MarQuez Haynes. Anche questa è una pagina del  romanzo di vita, che va oltre il parquet. Intessuto di gesti, sensazioni e passioni da condividere. «Le respiriamo insieme», aggiunge il coach mensanino. Se chiedi di svelare il sogno nel cassetto non esita: «A 52 anni non sei più un ragazzino, cestisticamente parlando. Non puoi pensare di allenare la squadra della luna o di vincere chissà cosa. Ecco, sognerei di ripetere una stagione così». Riavvolgendo il nastro e scorrendo velocemente le difficoltà di questi mesi, si resta perplessi. Ma Crespi subito spiega: «Le due squadre, quella con Hackett e l’altra, che ha preso vita a dicembre, unitamente alle persone che ruotano intorno
ad esse, sono state capaci di trovare un’identità due volte. Attraverso il lavoro». Parola, quest’ultima, scritta nel dna di un allenatore che preferisce l’essenzialità all’essere ‘personaggio’. E allora proviamo a scavare. Come si definirebbe Marco Crespi? Cocciuto, tranquillo, accomodante… «Direi piuttosto una persona che ama respirare ogni momento della giornata e ama trasmettere l’entusiasmo a chi gli sta intorno, avendo cura dei dettagli». Un pignolo? «Ha un’accezione negativa. Avere attenzione per i dettagli significa provare piacere nel curare ogni singolo aspetto, anche quello che apparentemente può sembrare più banale». Molti sostengono che il segreto della cavalcata biancoverde stia nel rapporto umano con la squadra. Ma quando serve anche Crespi, per dirla alla senese, qualche ‘nerbata’ la assesta? «Le nerbate, come dice lei, sono un gesto esteriore che magari qualcuno può notare ma restano sempre legate ad un episodio, non fanno mai parte del rapporto fra persone. In quest’ultimo credo molto». C’è una sorta di ‘contratto tecnico’ fra giocatore ed allenatore. «Ciascuno conosce i propri spazi, le autonomie e le responsabilità, nel senso di diritti e doveri». Chi è il più ligio alle regole e chi, magari, il più esuberante del gruppo? «Tutti sono rispettosi delle regole fermo restando i caratteri diversi. Ritengo piuttosto che il nostro sia un gruppo costituito da gente che crede nell’importanza di svolgere un lavoro di qualità». Un coach molto protettivo… «Non solo li proteggo ma li amo i miei giocatori! Anche se ogni rapporto, per così dire, sentimentale è differente perché diverse sono
le persone». Molti tifosi biancoverdi hanno sottolineato l’eliminazione di Milano dall’Eurolega. Lei cosa pensa? «Faccio l’allenatore di pallacanestro e come tale ho guardato la partita con interesse. Ci possono essere poi dei legami emotivi sia nel
caso di Luca Banchi e di Daniel Hackett, sia di Hickman del Maccabi». Sembra pacato. Però quando inizia la partita si trasforma e ‘consuma’ il parquet. Quasi un altro Crespi. «Sono sempre lo stesso. Vivo di emozioni. La partita la sento a livello fisico nei comportamenti esteriori ma con la testa sono sempre a cercare di capire cosa succede in campo».
Un pregio e un difetto. «Devono dirlo altri. Semmai mi piacerebbe venisse riconosciuto che sono uno che ha voglia di trasmettere qualcosa». Veniamo adesso alla partita: 36 punti Siena, 36 Brindisi. Con i pugliesi che si sono rafforzati prendendo un giocatore che potrebbe anche servire in chiave play-off scudetto: Umeh. «Una partita fra squadre che sono alle spalle di Milano. Una sfida bella dove, alla fine, la vincitrice sorpasserà l’altra. Una gara particolarmente difficile che richiede quindi un sostegno speciale da parte dei tifosi». I dubbi da sciogliere nelle ultime ore? Carter è rientrato, Hunter
sta crescendo… «Solo Haynes ha avuto un giorno di febbre, mercoledì. Gli altri sono ad oggi tutti a posto… ad oggi..».
Scaramantico, Crespi? «Non lo sono. Oggettivo, piuttosto». Brindisi a parte, lo scudetto è ancora a portata di mano per Siena?
«Ma no…. no… assolutamente. Lo scudetto è già assegnato a Milano perché oltre ad essere la squadra più forte è anche quella che gioca meglio. La forbice fra l’Emporio Armani e le altre è ampia». Se le chiedessero a quale allenatore del passato
vorrebbe assomigliare? «Sono stato assistente di Bogdan Tanjevic, direi lui. Non tanto per la sua visione degli schemi ma per la cultura sportiva che mi ha trasmesso e insegnato». Visto che non è scaramantico… a chi dedicherebbe un’eventuale
vittoria contro Brindisi. «A tutti quelli che saranno al palazzetto, sia chi giocherà in campo, sia chi vivrà l’incontro sugli spalti, con emozione».


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