Prima finale scudetto per tanti eroi


10 giugno  Rassegna Stampa

Corriere di Siena

Stanno finendo gli aggettivi, non altrettanto si può dire delle energie. C’è ancora tanta “benzina” nel motore dell’incredibile Mens Sana, seppur l’impresa di aver raggiunto la finale per il titolo possa ragionevolmente essere considerata l’apice
di una stagione tanto bella sul campo quanto drammatica altrove e seppur la prospettiva di chiudere i battenti a fine stagione rappresenti, ogni giorno che trascorre, una mazzata sempre più pesante proprio perché sempre più vicina. Cinque giorni separano i biancoverdi dalla difesa del tricolore, una ribalta che Marco Crespi, il suo staffe tutti quelli che indossano la
maglia mensanina meritano per quanto fatto nel corso di mesi difficili, a tratti impossibili da trascorrere in serenità. Giusto ribadire che altrove lo spogliatoio si sarebbe disintegrato assieme alle casse del club e che le motivazioni sarebbero
state affidate ad agenti e procuratori per cercarsi una buona sistemazione fra qualche mese: a Siena, invece, le cose hanno preso una piega diversa e dell’incredibile lavoro compiuto dal coach varesino sulla testa, prima ancora che sull’atteggiamento cestistico dei suoi giocatori, sarà necessario ricordarsi per tanti anni, sia perché la portata dell’impresa è tale da valicare un normale incasellamento alla voce “stagione 2013/2014″, sia perché per alcuni anni è ragionevole ritenere che ima Mens Sana nel basket che conta non la si potrà vedere. Marco Crespi è diventato l’uomo del miracolo nel momento in cui, partito Hackett per Milano, ha dovuto mettere in campo una squadra praticamente azzeratasi fra l’estate e l’inizio dell’inverno, causa dissesto del club, ricostruendone prima le sicurezze, poi il gioco. Un miracolo che non gli è valso il riconoscimento quale miglior coach dell’anno per una manciata di voti, ma che oggi lo lancia alla guida della prima finale scudetto della sua camera di head coach, che poi è la prima in camera pure per una lunga serie di “underdogs” che si  chiamano Haynes, Hunter, Carter, Green e Nelson, divenuti negli ultimi mesi trave portante (cestisticamente
parlando) di una squadra che poi, nel momento del bisogno, è stata presa per mano dalla saggezza e dall’esperienza di Tomas Ress, capitano che di finali consecutive ne ha giocate (e vinte) sei, oltre a quella persa, otto anni fa, con addosso la maglia della Fortitudo Bologna. E prossimo scoglio, oltre alla qualità dell’avversario che contenderà lo scudetto ai biancoverdi, sta nella pressione che indiscutibilmente una finale genera, soprattutto in elfi non ha una grande confidenza col clima che si respira quando c’è in palio un titolo. Lo si può doppiare, lo scoglio, non snaturando la qualità migliore di questa Siena, che è l’umiltà: si ritorna in palestra, oggi (doppia seduta al PalaEstra: atletica al mattino, basket nel pomeriggio), con addosso la consapevolezza di aver scritto la storia, ma anche con la voglia di migliorarsi ulteriormente e aggiungere qualcosa al proprio bagaglio di esperienze. Alzare l’asticella, del resto, è il concetto che meglio spiega il miracolo Mens Sana.

Matteo Tasso
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